BEVETE ACQUA DEL RUBINETTO!
Perché dobbiamo ritornare a bere acqua del rubinetto
anche in Provincia di Como? La risposta è ovvia ma nel
contempo articolata.
Sgombriamo subito il campo da qualsiasi dubbio: l'acqua del rubinetto è controllata e sicura. Certo in caso di uso eccessivo di cloro potrebbe essere organoletticamente non gradevole; in questo caso basta un
piccolo accorgimento: essendo il cloro volatile, è sufficiente lasciare l'acqua
attinta dal rubinetto in una brocca per circa 10 minuti affinché il cloro
evapori; provare per credere!
L'acqua potabile è sicura perché deve rispondere a tutta una serie di normative
sanitarie. La garanzia della potabilità è certa: se l'acqua arriva ai nostri
rubinetti è perché risulta potabile! In caso di
superamento di anche un solo parametro, il Sindaco è tenuto ad emanare
un'Ordinanza di non potabilità; appunto una garanzia per la nostra salute.
Certo, dobbiamo chiedere ai nostri amministratori più attenzione alle risorse idriche: preservare le sorgenti, le falde, i pozzi; migliorare la qualità, anche organolettica, dell'acqua; mantenere in efficienza le reti acquedottistiche, che oggi in Italia, mediamente, perdono più del 40% dell'acqua trasportata!
E qui non può mancare l'ennesimo richiamo al mantenimento della gestione pubblica dell'acqua: infatti
solo l'amministratore pubblico ha interesse a mantenere una buona qualità del
servizio offerto ai cittadini/utenti, a fronte di tariffe calmierate che
tengano conto delle fasce sociali. Al contrario se privatizziamo i servizi
idrici, avremo un peggioramento della qualità del servizio a fronte di un sicuro aumento delle tariffe: il privato non ha alcun vantaggio
a spendere soldi per mantenere in efficienza gli acquedotti, poiché dovrebbe
rinunciare ai suoi utili. Per non parlare della qualità dell'acqua. Anche in questo caso il privato non ha alcun interesse a
mantenere una buona qualità dell'acqua distribuita. Anzi, se pensiamo che
l’acquedotto potrebbe essere gestito da una multinazionale dei servizi idrici,
non sono da escludere "accordi" con le multinazionali
dell'imbottigliamento. Più l'acqua del rubinetto fa schifo,
maggiori saranno le vendite delle bottiglie d'acqua. E
così il business dell'acqua privatizzata si raddoppia!
L’imbottigliamento dell’acqua rappresenta la forma più evidente di privatizzazione del bene demaniale pubblico per eccellenza. Imbottigliare l'acqua e rivenderla 1000 volte il suo prezzo è semplicemente un'operazione speculativa, in cui la rendita è sicura. Le aziende di imbottigliamento (il mercato è controllato dalle multinazionali come Nestlè, Danone e Coca-Cola) pagano la materia prima un'inezia (in alcune regioni versano solo un canone relazionato alla superficie della sorgente e non in base alla quantità di acqua imbottigliata!) e spendono molto di più per le bottiglie di PET, per il trasporto e per la pubblicità.
In Provincia di Como ci sono 4 concessioni per altrettante aziende di imbottigliamento:
Fonti di Barni,
in comune di Barni - portata media 82 milioni di
litri/anno
Spumador
- S. Antonio, in comune di Cadorago - 480 milioni di
litri/anno
Paraviso, in Comune di Lanzo Intelvi - 142 milioni di litri/anno
Chiarella, in Comune di Plesio - 150 milioni di litri/anno
Per queste 4 concessioni, alla
Provincia di Como spetta una somma annuale di circa 14.000 euro, relativa al
versamento del diritto annuo anticipato - canone superficiario,
vincolata all'espletamento delle funzioni relative alla
"difesa attiva dei bacini idrominerali,
realizzata previo controllo delle matrici ambientali". Un'ulteriore somma di 240.000 euro spetta per il versamento del
diritto posticipato proporzionale alla quantità di acqua imbottigliata (canone
di imbottigliamento) e può essere impiegata per spesa corrente ed eventualmente
trasferita ai Comuni sedi di concessione, nel rispetto del criterio di
destinazione a difesa dei bacini. L'entità dei canoni è stabilita dalla Regione
con provvedimento di Giunta.
Non dimentichiamo poi che consumare acqua in bottiglia significa produrre quantitativi immani di rifiuti. Pensiamo alla sola popolazione della città di Como e ipotizziamo che l'80% delle famiglie comprino acqua in bottiglia. Se mettessimo in fila, una sopra l'altra, queste bottiglie di PET, in un anno riusciremmo a coprire una distanza di più di 8.000 chilometri!
Nonostante tutto questo, gli italiani sono i primi consumatori di acqua minerale nel mondo. L’80%
degli italiani considera l’acqua minerale come più pura di quella del
rubinetto. Sbaglia! Pochi sanno che l’acqua minerale può
contenere 5 volte la quantità di arsenico
e 40 volte quella di manganese,
rispetto all’acqua del rubinetto. Queste due sostanze, dichiarano FAO e
Organizzazione Mondiale della Sanità, sono pericolose per la salute.
sostanza |
ACQUA POTABILE (limite in µg/litro) |
ACQUA MINERALE (limite in µg/litro) |
arsenico |
10 |
50 |
manganese |
50 |
2000 |
Nel 2003 l’allora Ministro della
Salute Sirchia varò il Decreto “salva acque minerali”
che, innalzando la soglia ammessa per molti degli inquinanti trovati nelle
acque minerali (tensioattivi, oli minerali, antiparassitari, idrocarburi), fece
rientrare molte industrie nella legalità, salvando gli interessi di mercato a
scapito della salute dei cittadini.
Un altro esempio è quello dei nitrati. I produttori di acqua minerale possono riportare in etichetta che la loro
acqua è particolarmente adatta per la prima infanzia, se contiene fino a 10
mg/l di nitrati. Ma se il valore è superiore non è
previsto alcun obbligo di indicare che può essere nociva, specie per i più
piccoli. Infatti, se presenti in dosi elevate, i nitrati sono molto dannosi in quanto alterano la capacità dell’emoglobina di
trasportare l’ossigeno.
Lo stesso accade per altre sostanze potenzialmente dannose alla salute.
Come abbiamo visto, spesso i parametri che devono rispettare le acque potabili sono più restrittivi di quelli applicati alle acque minerali, per cui se per ipotesi facessimo scorrere nell’acquedotto un’acqua minerale, potrebbe succedere che questa non risulti potabile. Può benissimo darsi che le acque minerali rispettino i limiti posti per le acque potabili, ma come consumatori non ci è dato saperlo. Infatti non esiste alcun obbligo di elencare sull’etichetta delle bottiglie tutti gli elementi contenuti. Più volte si è cercato di riformare la normativa a riguardo, ma sempre l’industria dell’acqua minerale è riuscita con la sua pressione a bloccare questi tentativi.
Anche i controlli pubblici sono più frequenti e restrittivi per l’acqua dell’acquedotto, per cui non è detto che le acque minerali siano più salubri. Inoltre le bottiglie d’acqua minerale possono rimanere per mesi sugli scaffali del supermercato o addirittura esposte al sole, peggiorando quindi le caratteristiche chimiche!
Come fare dunque per confrontare le 2 acque? Singolarmente è possibile conoscere i risultati delle analisi sulle acque di acquedotto. Per far ciò bisogna rivolgersi al proprio Comune; le informazioni richieste devono per legge essere comunicate entro un mese. Per quanto riguarda le acque minerali bisogna inoltrare la richiesta al produttore, che dovrebbe inviare i risultati riguardanti tutti i componenti, teoricamente anche quelli non presenti in etichetta.
Infine il prezzo della “minerale”. Oscilla tra i 20 e oltre i 50 centesimi
al litro, cioè è dalle
300 alle 1000 volte più cara dell’acqua del rubinetto! A questo
bisognerebbe aggiungere il costo per lo smaltimento delle bottiglie (la gran
parte di plastica), che ricade sulle tasche dei cittadini che pagano la tassa
rifiuti.
Queste informazioni sono banali e
alla portata di tutti, eppure, fuori dai supermercati
si continuano a vedere carrelli stracolmi di bottiglie di acqua
minerale! Per questo abbiamo pensato di organizzare alcuni momenti
informativi, per promuovere l’uso dell’acqua del rubinetto da bere e per
ricordare una volta di più quanto la scelta dell'acqua in bottiglia si poco
sensata.