da Famiglia Cristiana - marzo 2005

ASCOLI PICENO, È SCOPPIATA LA "GUERRA" DELL’ACQUA

AIUTO, CI STANNO IMBOTTIGLIANDO

L’etichetta della minerale è già pronta, ma la Provincia non dà l’autorizzazione a sfruttare la sorgente. Così il sindaco di Arquata del Tronto minaccia di marciare sul capoluogo con pecore e asini. Intanto gli abitanti sognano un lavoro, che non c’è...


Nel regno della Sibilla è scoppiata la "guerra" dell’acqua. Dall’antro misterioso della montagna fiumi e sorgenti sgorgano generosi nella valle del Tronto. Acque cristalline e di grande qualità, che fanno gola. E in tempi di bollicine, particelle di sodio parlanti, miracolose acque "zero calorie" che fanno pin, pin a qualcuno non è sfuggita l’idea di poter imbottigliare ciò che madre natura qui fornisce generosamente per piazzarlo nei supermercati con una bella etichetta, "Monti azzurri", e magari uno spot animato da Pippo Baudo. Ad annusare l’affare però non è la solita multinazionale di turno, ma il Ciip Spa, ossia il vecchio Consorzio idrico diventato nel frattempo una società di capitali, i cui azionisti sono i Comuni della Provincia di Ascoli Piceno.

La fabbrica dell’acqua, con tanto di finanziamento pubblico (due milioni di euro), previsto dal contratto di programma, con la relativa concessione a sfruttare una fonte dei Sibillini, sembrava quasi fatta. Ad Arquata del Tronto, 1.500 residenti dispersi in 13 frazioni addossate alle falde del Monte Vettore, gli abitanti erano pronti a festeggiare. Una ventina di posti di lavoro, venti famiglie da sfamare grazie alla vendita dell’acqua imbottigliata in un moderno stabilimento è una bella speranza di benessere. «A gelare le legittime aspettative degli abitanti è stato l’atteggiamento del presidente della Provincia di Ascoli Piceno», dice Guido Castelli, consigliere regionale di Alleanza nazionale. «La conferenza dei servizi del 9 settembre 2004 aveva dato il via libera, si potevano incominciare i lavori, ma a questo punto è iniziata la battaglia tra Orazi e Curiazi sui giornali locali». Con Massimo Rossi, avvocato, presidente della Provincia, da pochi mesi eletto nelle liste di Rifondazione comunista, che lancia un interessante dibattito: «È giusto imbottigliare e commercializzare l’acqua prima ancora di aver avuto una valutazione tecnica dell’Autorità di bacino, quando il Ciip (ex Consorzio idrico intercomunale) ha comunicato che ci sono problemi in caso di emergenza idrica?».

Il sindaco si incatena

Intanto, Aleandro Petrucci, 59 anni, sanguigno sindaco di Arquata del Tronto, si incatena durante un consiglio provinciale aperto: chiede il rispetto dei tempi in modo da non perdere i finanziamenti. Mentre la Provincia sospende tutte le autorizzazioni richieste per lo sfruttamento delle acque. Scende in campo pure il sindacato, ma diviso: da una parte la Cisl favorevole alla fabbrica dell’acqua, dall’altra la Cgil contraria. La battaglia coinvolge anche le associazioni ambientaliste, e perfino il Cai che difende sorgenti e laghetti di montagna. «Tentativi di accaparrarsi l’acqua dei Monti Sibillini ce ne sono stati anche nel passato», racconta Luciano Carosi, ex direttore tecnico del Consorzio idrico del Piceno. «Nel 1988, ci aveva già provato Ciarrapico». Ma che male c’è a imbottigliare l’acqua di una piccola sorgente (circa 10 litri/secondo)?

«È vero che la sorgente sgorga nel Tronto, ma se si apre questa breccia molte altre società sono pronte a prendersi la nostra acqua», dice William Scalabroni, anziano presidente del Cai di Ascoli Piceno. «Ci sarebbe già un’altra impresa che ha richiesto la fonte Gelata».

Le attuali concessioni di acque minerali e termali in tutta la provincia coprono un’estensione di 233,23 ettari. Le sei concessioni fruttano all’erario appena 7.609,16 euro all’anno. «Una somma che non basta nemmeno a coprire le spese del personale addetto ai controlli», dicono in Provincia. Ma il sogno del posto di lavoro è più forte di qualsiasi altra argomentazione. C’è Antonio Falconetti, 45 anni, operaio in mobilità della fallita Vecoper, che aspira a un posto nello stabilimento dell’acqua dei Monti azzurri. E non è il solo. 
«Qui ci sono due fabbrichette», dice Petrucci, «la Filotei, con 15 dipendenti, che sforna prodotti tipici, e la Unimer che produce concimi naturali e dà lavoro a 25 persone. C’era una fabbrica di peluche costruita con i soldi della Cassa per il Mezzogiorno che occupava 60 persone, poi ha chiuso. Ora, l’acqua per noi è una speranza. Se non arriva l’autorizzazione, io la gente non la tengo più. Siamo pronti a tutto. Bloccheremo la Salaria e caleremo su Ascoli con i ciucci e le pecore».

Paesi abbandonati

L’acqua, dunque, dovrebbe spegnere la sete di lavoro in una zona depressa, che solo geograficamente è al centro. Ad Arquata, il reddito medio mensile è di 628 euro. Poco più a valle, ad Acquasanta, stazione termale in declino, gli abitanti sono passati dai 9.000 del 1970 ai 3.300 di oggi. Qui c’era una vetreria costruita con l’aiuto della Cassa del Mezzogiorno che ha chiuso dopo un paio d’anni. Si spera nel rilancio delle terme e il sindaco Giampiero Fioravanti non disdegnerebbe anche nel suo Comune una fabbrica di acqua minerale. Dopo la crisi industriale che ha colpito la provincia, prossima a essere divisa in due, con Fermo come capoluogo, il declino del distretto calzaturiero, serpeggia la paura della disoccupazione. E, allora, in molti pensano all’acqua dei Sibillini come a una risorsa per dare lavoro.

Un’idea fragile, come la vetreria

«Qui non servono esperienze come la vetreria di Acquasanta», dice Rossi. «Perché imboccare strade di cui potremmo pentirci in futuro? Oggi occorre puntare sull’innovazione e su ciò che funziona, come il distretto del cappello o la filiera delle nuove tecnologie nel settore energetico che coinvolge 348 piccole aziende. Abbiamo imprese all’avanguardia come la Sigma che fa Bancomat e li esporta in tutto il mondo». Il presidente Rossi si accalora, mentre sulla parete il ritratto di Ciampi sembra fronteggiare lo sguardo di un sorridente Che Guevara. Ma allora questa concessione la rilascerà o no? «Stiamo facendo molto, molto di più». Guardi che non c’è tanto tempo, questo palazzo potrebbe essere assediato dai ciucci e dalle pecore... «Il sindaco di Arquata è un simpaticone, ci vogliamo bene, per lui farò di più: il 3 per cento del ricavato del nostro acquedotto andrà alla Comunità montana che poi verserà agli agricoltori 750.000 euro per la manutenzione della montagna.
È un modo per ridistribuire i proventi dell’acqua potabile». E la fabbrica della minerale? «Ma che fa, provoca?».

Giuseppe Altamore