Modificata la legge regionale che obbligava a privatizzare i servizi idrici

Referendum Acqua Lombardia: i Comuni vincono la battaglia dell'acqua pubblica!

“Ora gli ATO devono applicare la nuova legge, senza passare dalla gara”

 

MILANO - Con le modifiche alla legge regionale sui servizi idrici, votate oggi dal Consiglio Regionale, in Lombardia l’acqua potrà continuare ad essere gestita da mani totalmente pubbliche!

La modifica della legge del 2006 rappresenta una vittoria dei sindaci e della società civile che hanno lottato, uniti, per la partecipazione dal basso e per la difesa dei beni comuni.

La vertenza ha visto contrapposti, per circa 2 anni, da una parte la Regione Lombardia e dall’altra i 144 comuni (circa il 10% dei municipi lombardi) che hanno proposto il Referendum per modificare la legge regionale n. 18 del 2006 (che a sua volta modificava una precedente legge del 2003), sui servizi idrici.

Il Consiglio Regionale oggi ha definitivamente cancellato le parti della legge che obbligavano i comuni a privatizzare l’acqua. Con le modifiche introdotte, ai comuni lombardi (riuniti nei 12 ATO) viene ora consentita la possibilità di gestire il servizio idrico tramite società totalmente pubbliche, senza ricorrere ad alcuna gara, passaggio, quest’ultimo, che avrebbe aperto ai privati.

 

Si tratta ora, a livello di singoli ATO, di applicare gli scenari aperti delle modifiche di legge: gli ATO devono adeguare i rispettivi Piani d’Ambito, affidando direttamente gestione ed erogazione dei servizi idrici alle stesse società patrimoniali - proprietarie di reti ed impianti - già costituite in molti ATO lombardi.

 

Anche a livello degli ATO di Como e di Lecco devono essere riviste le modalità di affidamento dell’acqua alle società patrimoniali in fase di costituzione che, secondo la nuova norma devono essere interamente pubbliche, senza possibilità, nemmeno futura, di cessione ai privati.

 

In tutta la Lombardia si potrà pertanto mantenere la gestione dell’acqua tramite le aziende pubbliche locali, senza cadere nelle logiche della finanziarizzazione e degli intrecci societari che, nel disegno di Formigoni, avrebbero avuto in A2A il soggetto lanciato alla conquista della gestione dell’acqua di tutta la Regione, unitamente ad energia, gas e rifiuti.

 

Ora la partita si sposta sul piano nazionale: occorre battersi per pretendere una modifica della norma nazionale (l’art. 23 bis della legge n. 133, votata lo sorso agosto), che a sua volta “obbliga” a ricorrere alla gara per l’affidamento dei servizi pubblici, definiti di rilevanza economica.

L’acqua deve essere dichiarata un diritto umano, privo di interesse economico. Solo in questo modo potremo salvaguardare l’acqua come bene comune in tutta Italia, come è ora possibile in Lombardia.

 

Roberto Fumagalli, Comitato Italiano del Contratto Mondiale sull’Acqua

 

27 gennaio 2009